Il fascino del silenzio
Nelle valli alpine, dove la natura riconquista ogni angolo, si nascondono storie e testimonianze che sembrano sospese nel tempo. In Valtellina, terra di stratificazioni storiche, queste tracce sono particolarmente intense: borghi abbandonati, sanatori in rovina, contrade dimenticate parlano di spostamenti demografici, economie che cambiano, malattie e mutamenti sociali.
In questo articolo scopriamo insieme alcuni di questi luoghi: chi erano i loro abitanti, come e perché sono stati abbandonati, come si possono raggiungere oggi (con le dovute cautele). Attenzione: molti siti sono privati, pericolanti o inaccessibili; visita sempre con rispetto, consapevolezza e, se serve, con guide esperte.
Ubicazione: provincia di Sondrio, Valchiavenna, altezza 932 m s.l.m.
Storia: il borgo è stato progressivamente abbandonato a partire dagli anni ’60; ufficialmente la popolazione stabile è cessata nel 1968, anche se durante l’estate alcune vecchie famiglie tornano per riattivare le case.
Caratteristiche: le case in pietra e legno, la vecchia chiesa con il campanile, le fontane pubbliche raccontano il tessuto rurale tradizionale.
Accesso: non vi è collegamento stradale diretto; si raggiunge con un percorso pedonale, scalandosi su oltre 2.800 gradini in mezzo al bosco.
Fascino e leggende: il silenzio, l’isolamento e gli elementi ritornanti rendono Savogno un luogo di contemplazione e mistero.
Savogno è spesso citato come uno dei simboli del borgo alpino abbandonato in Lombardia, grazie al forte contrasto fra l’energia del paesaggio montano e il lento degrado delle sue pietre.
Ubicazione: anch’esso in Valchiavenna (provincia di Sondrio)
Caratteristiche: Codera non è collegato da strade carrozzabili, si arriva solo a piedi tramite sentieri di montagna.
Popolazione e abbandono: già dagli anni ’60 la popolazione è drasticamente calata. Nel 2021 risultavano solo 15 abitanti stabili.
Leggende: si narra dell’anima del brigante Valfubia, che si aggirerebbe nel borgo, mutando aspetto (maiale, uccello…) e pugnalando la quiete notturna con urla sinistre.
Atmosfera: l’isolamento, il panorama severo e l’immobilità complessiva fanno di Codera un luogo di forte suggestione.
Localizzazione: nel territorio di Tresivio, in boschi a oltre 1.200 metri d’altitudine.
Funzione originaria: struttura per la cura della tubercolosi, sfruttando “l’aria pura di montagna” tipica degli ambienti alpini.
Stato attuale: in decadimento, circondato dalla vegetazione che avvolge padiglioni, finestre rotte, ambienti vuoti e permeati da un senso di abbandono.
Difficoltà di accesso: sentieri boschivi, percorsi non ufficiali; occorre cautela, specie in stagioni piovose o innevate.
Origini: costruito negli anni ’30 con l’obiettivo di offrire una cura d’alta quota per gli ammalati di tubercolosi.
Evoluzione: negli anni ’70 il complesso iniziò un processo di riconversione verso funzioni ospedaliere generali; tuttavia alcune ali furono progressivamente abbandonate.
Rinasce con il Covid: nel 2020 alcune sezioni sono state riattivate come ospedale specializzato per emergenza Covid.
Situazione mista: il più grande complesso è tuttora in uso parziale, ma molte parti sono fatiscenti, occupate da vegetazione e in stato di degrado.
Piccola contrada di case su pendii, con gradinate scavate nella roccia.
Un tempo circa trenta famiglie vivevano qui. Nel 1965 una frana aggravò l’esodo.
Oggi è quasi silenzio: le case sorreggono solo ricordi.
Definito il “paese-presepe”, già in abbandono, con alcune abitazioni restaurate per eventi culturali.
Le case sono costruite su pendii ripidi, collegate da stretti vicoli e gradinate.
Lente decadenza: molte case sono lesionate o instabili, stalle al piano terra e abitazioni al piano superiore.
Molti edifici sono ormai in disuso pieno; solo qualche fienile o cantina è ancora utilizzato.
Situato nel comune di Montagna in Valtellina, risale al XIII secolo.
Distrutto durante le occupazioni dei Grigioni, oggi rimangono solo la torre e ruderi del corpo di fabbrica.
È di proprietà del FAI (Fondo Ambiente Italiano), che ha curato alcuni interventi conservativi.
Sempre nel territorio di Montagna in Valtellina, piccolo castello‑recinto con una torre fortificata.
Collega la storia del luogo al castello Grumello attraverso una galleria (ormai distrutta).
Non è propriamente “abbandonato” nel senso urbano, ma è in stato di rovina incompleto, con funzione più archeologica che abitativa.
Chiesa di Santo Spirito (Bormio): ex luogo di culto, deconsecrato, riconvertito variamente nel tempo (fienile, deposito, abitazione).
I fenomeni di abbandono in Valtellina (e in molte aree montane) derivano da una combinazione di fattori:
Migrazione verso le valli e le città: con il progresso dei servizi, molti abitanti hanno lasciato le altitudini per cercare opportunità altrove.
Economia tradizionale in declino: l’agricoltura di montagna, l’allevamento su piccola scala e l’autosufficienza hanno perso competitività.
Condizioni climatiche e fragilità del territorio: frane, slavine, instabilità geologica costringono all’evacuazione o alla rinuncia ai nuclei più esposti.
Malattie e struttura sanitaria obsoleta: nel caso dei sanatori, la scoperta di cure farmacologiche (antibiotici per la tubercolosi) rese obsolete molte strutture.
Costi di manutenzione e isolamento: edifici elevati in aree difficili da raggiungere hanno costi troppo alti per resistere nel tempo senza interventi.
Questi luoghi abbandonati sono “testimoni silenziosi” dei cambiamenti sociali, ambientali ed economici: rappresentano la memoria di una vita alpina meno comoda, ma molto radicata nella natura.
Informati prima: verifica con i comuni locali se l’area è accessibile o se vi sono vincoli di proprietà.
Equipaggiamento adatto: scarpe da trekking robuste, guanti, casco se entri in strutture instabili, torcia.
Non violare proprietà private: rispetta porte chiuse, recinzioni e segnali.
Mai da soli: esplorazioni in ambienti abbandonati possono essere pericolose; avere compagni e comunicazione.
Cautela con il degrado: tetti, pavimenti, travi possono essere pericolanti. Non spostare elementi strutturali.
Fotografa con rispetto: lascia come trovi, non portare via pezzi.
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